La nave militare Libra si accinge a portare in Albania tra i 30 e i 40 migranti, non appena questi saranno raccolti nel Mare Mediterraneo. Il Governo va avanti nonostante il clamoroso insuccesso del primo tentativo di riempire i due centri costruiti in tutta fretta, e con un certo immancabile ritardo, al di là dell’Adriatico.
Ci si è talmente innamorati del progetto, e compromessi con esso, sia come fatto politico, sia per le ingenti somme investite, che il temporaneo fermo stabilito dalla Magistratura italiana deve essere contrastato con fatti, pur in pendenza di un parere da parte della Corte europea di Giustizia cui si sono rivolti i magistrati di Bologna.
In discussione c’è il concetto di “paese sicuro”. Nel caso specifico, è stata contestata la valutazione di Egitto e Bangladesh come paesi “sicuri”. E, in effetti, per noi italiani non è molto facile accettare una tale definizione per un paese come l’Egitto dove Giulio Regeni ha trovato la tortura e la morte.
Vogliamo sperare che molto sia dovuto anche alla poca “familiarità” con il diritto internazionale. In particolare, per quel che riguarda quello europeo e per le conseguenze derivanti dall’applicazione delle Direttive UE e delle sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea e di quella dei Diritti dell’uomo.
Talvolta accade che si presentino questioni complesse in cui si potrebbe delineare un’area non chiara in relazione alle competenze internazionali e a quelle nazionali. La soluzione dei dubbi, dunque, dovrebbe essere sempre salutata positivamente. E questo vale anche nel caso del diritto civile a proposito del quale sembra permanere la mentalità dei magistrati italiani a fare riferimento al solo nostro Codice civile, mentre dovrebbero tenere conto di tutto ciò che è venuto maturando in sede europea.
Se anch’essi studiassero di più ciò che discende dall’Europa si eviterebbero molti interventi a posteriori degli organismi giurisdizionali europei a cose fatte in sede domestica. E scoprirebbero che è possibile chiedere un parere interlocutorio, preventivo, che di solito le Corti europee emanano celermente fornendo alle parti coinvolte e al magistrato italiano un quadro di riferimento più certo.
È una procedura che, in qualche modo, in maniera pratica ed intelligente, hanno seguito i giudici di Bologna chiamati a pronunciarsi in materia di gestione dei migranti. Un’occasione per decidere atti importanti in piena scienza e coscienza su di un punto di diritto che qualcuno ritiene più o meno opinabile.
Le prove di forza e possibili nuovi insuccessi non servono a nessuno, così come non c’è bisogno di portare la polemica verso i giudici all’estrema conseguenza. A chi giova? Vale la pena tutto ciò per non aspettare quel poco tempo necessario affinché si chiarisca una situazione su cui non si sta proprio facendo una gran bella figura?