Premierato, costituzionalizzazione del sistema elettorale maggioritario ed autonomia differenziata rappresentano un “combinato disposto” micidiale, destinato a dissanguare e disarticolare l’ ordinamento democratico del nostro Paese.
Dev’essere detto chiaramente agli italiani che questa, non altro, è la posta in gioco.
Una proposta di riforma in cui convivono la centralizzazione del potere che sta cuore al partito di Giorgia Meloni, secondo l’ indole “nazionalista” che gli appartiene e la segmentazione dell’Italia per aree regionali, di fatto ispirata alle suggestioni separatiste della prima Lega, sostanzialmente mai effettivamente abbandonate. Insomma, orientamenti esattamente antitetici, anzi logicamente, intrinsecamente contrapposti, premesse del possibile stallo politico ed istituzionale di una “nazione” smembrata.
Un progetto che sembra fatto apposta per dividere l’ Italia e radicalizzare la polarizzazione di cui già soffre. Peraltro, il pieno rispetto della Costituzione, se l’attuale maggioranza non fosse mossa da una sorta di pregiudizio storico nel suoi confronti, non impedirebbe che si possano rafforzare la governabilità e lo stesso ruolo del Presidente del Consiglio, senza alterare i principi che reggono la legge fondamentale dello Stato.
Non è vero, come di fatto propone il disegno di riforma adottato dal governo, che la governabilità del nostro sistema politico-istituzionale possa essere incrementata solo a scapito della rappresentanza ed al prezzo dell’umiliazione del Parlamento. Rappresentanza e governabilità sono da considerare sinergiche, funzionali e necessarie l’una all’altra.
La prima rischia di indulgere all’inerzia se non sorregge una governabilità efficace che ne sviluppi il portato programmatico ed, in tal modo, la valorizzi e la giustifichi. La seconda rischia di essere discrezionale e poco convincente nei confronti della collettività se non concepisce sè stessa come una funzione derivata dalla rappresentanza democratica e popolare che si riconosce nella centralità del Parlamento.
In altri termini, rappresentanza democratica e governabilità possono crescere insieme ed insieme impoverirsi se la simmetria del loro rapporto non viene tutelata e non ammette che, comunque, sia, ad ogni modo, la rappresentanza a fondare la governabilità e non viceversa.
Non si comprometterebbe l’impianto costituzionale se si introducessero meccanismi di “sfiducia costruttiva”, accompagnati dalla facoltà rimessa al Presidente del Consiglio di nominare i ministri e risponderne, come, se del caso, di revocare loro il mandato. Anche sulla scorta di una fiducia concessa, eventualmente da un solo ramo del Parlamento – preconizzato una differente funzione delle due assemblee parlamentari – direttamente al capo del governo. Adottando, in ogni caso, una legge elettorale che restituisca ai cittadini la facoltà di scegliere liberamente e consapevolmente i loro rappresentanti. In particolare, ricorrendo coraggiosamente al metodo proporzionale.
La maggioranza è alla ricerca di una prova di forza che le permetta di stabilire la propria egemonia politica ed anche, anzi soprattutto, culturale sull’ intero spettro della vita politica e civile dell’ Italia.
Domenico Galbiati