“Io non muoio. Bruciata viva. Sopravvissuta. Una storia di violenza e di speranza”. E’ il titolo del libro, fresco di stampa e tra le novità presentate al Salone del Libro di Torino, firmato dalla giornalista Emilia Condarelli e da Maria Antonietta Rositani, sopravvissuta ad un tentato femminicidio nel 2019.
Bruciata dall’ex marito: la storia di Maria Antonietta Rositani
La vigilia del 12 marzo del 2019, Maria Antonietta aveva chiamato il padre al telefono per dirgli che aveva paura perché sapeva che il suo ex marito non si era rassegnato alla separazione; e che non si sentiva tranquilla nonostante l’ex fosse agli arresti domiciliari, a casa dei genitori, a più di 400 km di distanza.
L’indomani sentì un’auto frenare di colpo accanto alla sua e capì che le sue paure erano reali. Ciro Russo, 49enne di Ercolano, era evaso dai domiciliari e l’aveva raggiunta per ucciderla. Tutto avvenne in pochi secondi: l’uomo le versò della benzina addosso e le diede fuoco, dicendole: “muori”. Lei uscì dall’auto in fiamme, vide una pozzanghera e si gettò nell’acqua cercando di spegnere le fiamme. Non riuscì a salvare il suo cucciolo di cane, che aveva preso per il figlio, che morì carbonizzato. Lei sopravvisse, ma riportò ustioni sul 75% del corpo.
Comincia così, una mattina del 12 marzo 2019, il suo lungo calvario: resta 22 mesi bloccata su un letto di ospedale – prima a Bari, poi a Reggio Calabria – subisce 200 interventi chirurgici, sopporta un dolore fortissimo e la paura di non sopravvivere. Al suo fianco, oltre ai figli e all’amato padre, una giornalista: Emilia Condarelli. Alla quale, nei lunghi mesi di degenza, Maria Antonietta aveva affidato i suoi pensieri, le sue paure ma anche le sue speranze e la voglia di vivere e aiutare le altre donne che subiscono violenze.
Da tutto questo è nato il libro “Io non muoio. Bruciata viva. Sopravvissuta. Una storia di violenza e di speranza”. Interris.it l’ha intervistata.
L’intervista a Maria Antonietta Rositani
Qual è la genesi del libro?
“Il libro ‘Io non muoio’, è nato da una grande amicizia tra due donne che si sono prese la mano e hanno camminato insieme arrivando fino a qui. Parlo di me e della scrittrice e giornalista Emilia Condarelli, una donna che mi è stata accanto sin dal primo giorno di terapia intensiva di Bari. Anche dopo il mio spostamento a Reggio Calabria, durante il Covid, lei mi è sempre stata vicina con messaggi e videochiamate. In quella occasione, ci siamo fatte una promessa: che se un giorno mi sarei sentita di poter raccontare la mia storia, lei sarebbe stata la mia mano e mi avrebbe supportato ed aiutato a trasmettere quello che era il mio messaggio. Così è nato questo libro”.
Qual è lo scopo che si è prefissa pubblicando la sua storia?
“Il mio scopo con ‘Io non muoio’ è quello di far sì che una donna trovi il coraggio di poter denunciare la persona che crede di amare e dalla quale pensa – erroneamente – di essere amata. Dico erroneamente perché spesso si confonde l’amore con la violenza e tutto questo non dovrebbe mai accadere”.
Quando capì che quello del suo ex marito non era vero amore?
“Dopo aver subito anni di violenze, io aprii gli occhi e capii che quello non era amore nel momento in cui mia figlia, Annie Russo, si mise un giorno contro quello che al tempo era ancora mio marito dicendogli ‘Ora basta papà, te ne devi andare, devi lasciare libera la mamma’. Lui, in risposta, le diede uno schiaffo fortissimo in volto tanto da riempirle la faccia di sangue. Dinanzi a quella scena, con mia figlia ferita e sanguinante per mano dell’uomo che diceva di amarci, ho compreso che l’amore vero non era il suo, violento; ma quello che mia figlia provava per me. Mi si aprirono gli occhi ed ebbi finalmente il coraggio di denunciarlo e di chiedere aiuto”.
Cosa pensa possa insegnare la sua storia?
“La mia storia deve far capire alle altre donne vittime di violenza che non si devono vergognare di quello che subiscono; ma che a vergognarsi devono essere gli ‘uomini’ che fanno violenza. È per questo che spero che il mio libro entri nelle case, nelle famiglie, ma anche nelle scuole, tra i ragazzi. Al fine di aprire un dialogo, una riflessione; per far capire che una donna o una ragazza vittima di violenza può essere aiutata, prima che sia troppo tardi. È inoltre un libro che fa luce su quali siano i segnali premonitori di una violenza. Infine, la mia storia porta a far riflettere il lettore su cosa dovrebbe fare lo Stato. Perché una donna ha il diritto di essere aiutata durante la denuncia. Ma anche dopo ha bisogno di supporto per riprendere la sua vita in mano. Non può essere lasciata sola”.
Cosa o chi l’ha aiutata in quei lunghi mesi in ospedale, tra la vita e la morte, e il dolore continuo dato dalle ustioni?
“In quei lunghi mesi di ospedale a darmi l’aiuto è stata prima di tutto la grande fede che ho avuto in Dio e che ho tutt’oggi. Dio mi ha aiutata ad affrontare quel dolore fisico e psichico che, pur essendo atroce, grazie a Lui sembrava più lieve. Un altro grosso aiuto mi è stato dato da mio padre, che purtroppo è deceduto proprio qualche giorno prima dell’uscita di questo libro. Mio padre mi ha supportato in tutto e per tutto: è stata la mia voce quando io non ne avevo. Mi ha sempre aiutata e incoraggiata a chiedere giustizia per me per poi aiutare tutte le donne che si trovavano nella stessa situazione. Un papà che – quando tutto sembrava perso – mi ha dato speranza dicendomi che presto mi avrebbe riportata a casa; un papà che poi ce l’ha davvero fatta: mi ha fatto tornare a casa! Insomma, un padre che ha lottato per me con tutte le sue forze: è a lui che ho dedicato questo libro”.
Chi è Maria Antonietta Rositani oggi?
“Oggi sono una donna fortunata perché sono qui, ancora viva. Sono grata di ciò ma sento che devo continuare a lottare anche per tutte quelle donne che purtroppo oggi non ci sono più. Per quelle mamme, amiche, figlie, sorelle, che la violenza purtroppo ha strappato alla vita. È per loro che continuo a lottare. E anche per tutte quelle donne che hanno bisogno di vedere qualcuno che ce l’abbia fatta ad uscire dal vicolo cieco della violenza. Affinché anche loro traggano la stessa mia forza per potersi ribellare e continuare a vivere e lottare, per se stesse e per le persone che amano. ‘Io non muoio’ è dunque una mano tesa per quanti subiscono violenze. Non è una cosa impossibile uscirne, la mia storia lo dimostra: con l’aiuto di Dio, tutto è possibile”.
Pubblicato su www.interris.it