A leggere i giornali e a seguire i resoconti su come sono andate le cose a Bruxelles, in occasione della nomina del Presidente della Commissione dell’Unione europea, viene da interrogarsi sulle capacità strategiche dell’uomo del momento: Matteo Salvini.
Ha perso su tutta la linea. Ancora una volta. Starà imparando a sue spese, ma solo sue?, su come funzionano le cose oltre i confini italiani?
Dopo aver “ mercanteggiato” i voti della Lega, a sostegno della neo eletta Ursula von der Leyen, in cambio di un Commissario alla concorrenza espresso dalla Lega, Salvini si è tirato indietro ed ha rotto il “ fronte” governativo di cui fa parte. C’erano in ballo la ricucitura di tutti gli strappi del passato e l’occasione per ottenere una posizione importante per il Paese, in generale, e per il mondo produttivo e commerciale, in particolare.
Invece, Salvini ha cambiato idea per motivi che ancora restano sconosciuti. A meno che, come traspare da una dichiarazione del suo fedele Borghi, la precedente espressione di disponibilità leghista non fosse il tentativo di nascondere il “ trappolone” preparato alla neo nominata per farla trovare senza i voti necessari al momento del dunque.
Giuseppe Conte e i 5 Stelle, invece, hanno tenuto fede ai patti e non hanno fatto mancare il sostegno alla von der Leyen. Sono stati determinanti, visto che lei ce l’ha fatta per solo nove voti più del minimo richiesto.
I risultati del voto dimostrano che dei politici italiani capaci potrebbero inserirsi come non mai nelle dinamiche europee per portare a casa risultati importanti. Solo che bisognerebbe fare seriamente politica, studiare le carte e non solo limitarsi a rilasciare dichiarazioni roboanti e al limite dello ” sbruffonesco”.
Appare evidente che, a questo punto, molto difficilmente il commissario in quota italiana possa essere un leghista.
Appare altrettanto chiaro quanto Salvini sia definitivamente fuori dai “ giochi” di Bruxelles. Abbandonato pure da quello che solo pochi mesi fa era il suo fedele alleato Orban, corso a mettere sul tavoli i suoi voti ungheresi, e dall’altro “ antieuropeista”, il polacco Kaczyński. Entrambi hanno scelto la sostanza, cioè i finanziamenti di Bruxelles, invece di tutte le chiacchiere sul sovranismo.
Caso Russia, le cui conseguenze sembrano gestite malissimo da egli stesso in prima persona, l’autonomia differenziata che non marcia, la flat tax che non è più tale. Salvini deve affrontare tutte assieme le sfide che arrivano da importanti gruppi di “ potere” internazionali e da una discreta parte del suo stesso partito sceso sul piede di guerra perché vorrebbe assistere ad almeno una chiara vittoria politica da parte della Lega, non solo leggere tutti i giorni i sondaggi.
Per il momento, invece, sembra che ci sia solo lui a incassare i dividendi sul piano dell’immagine. A tanti leader leghisti la cosa non va più molto a genio. In ogni caso, quanto durerà? Cosa potrebbe accadere se, a suon di tirare la corda, Salvini e i suoi si trovassero fuori dal Governo? E’ proprio certo che si andrebbe ad elezioni anticipate? I sondaggi raffigurano l’oggi, ma potrebbero rivelarsi virtuali domani.
La fortuna di Salvini è che ancora non è stato posto il quesito: fu vera gloria? Guardando ai risultati concreti, la risposta possibile oggi potrebbe non piaceregli.
Alessandro Di Severo