Insiste Salvini, nel suo primissimo commento post-elettorale: con il Crocefisso in mano, invoca Maria e si intesta i temi cari ai cattolici: la vita, la famiglia, i disabili, le radici cristiane dell’Europa.
Ringraziare la Madre di Dio per un risultato elettorale ed invocare la Sua protezione sugli sviluppi programmatici che seguiranno significa umiliare la religione, sequestare l’ “universale” nel “particolare”, irridere un sentimento che è antitetico ai contenuti dell’azione di governo cui abbiamo assistito da un anno a questa parte.
Anche a voler prescindere dai contenuti della politica leghista, l’errore è di metodo.
Non si possono impunemente compromettere i fondamentali della politica.
Mischiare e confondere politica e religione, smarrire la faticosa maturazione del valore della laicità dell’impegno politico che i cattolici più di altri hanno saputo conquistare, vuol dire dar corpo al paradosso che sia la stessa Lega a spingere la cultura politica del
Paese verso una sorta di deriva islamista.
Poiche’ siamo comunque destinati ad affrontare – ed è già oggi sostanzialmente così – lo sviluppo di società multireligiose, per quanto al momento ancora non lo si avverta, questo indirizzo ci espone in prospettiva ad un pericolo incombente, al rischio di introdurre nel contesto civile del Paese elementi di una divisione incoercibile.
Soprattutto i cattolici che ingrossano le fila di Salvini devono sapere che l’uso identitario della religione nulla ha a che vedere con la loro fede e, addirittura, la trasforma in idolatria.
Una presenza “autonoma” di cattolici competenti diventa a maggio ragione urgente.
E’ il momento di una nuova maturità; il.momento di saper coniugare fermezza sul piano dei valori in cui crediamo, capacita’ di renderli credibili vivendoli, attitudine a mostrarne la portata universale per credenti e non credenti, la disponibilita’ comunque a dialogare, sia pure nelle forme di un confronto serrato, perrche’ non possiamo rinunciare a dar conto della nostra fede, tanto meno a fronte di un potere sfrontato che vorrebbe piegarla alle proprie ragioni.
Domenico Galbiati