E’ stato di alto profilo il confronto – introdotto con rara efficacia da Massimo Molteni – che ieri l’altro, nel webinar proposto da INSIEME, abbiamo sviluppato in ordine alle gravi criticità del nostro sistema sanitario.
Stiamo scivolando – lo ha rilevato, in modo particolare, Paolo Mocarelli – verso un doppio regime di tutela della salute, che rischia di fare di quest’ ultima una questione di censo. Chi paga taglia le code ricorrendo alla sanità privata oppure alla specialistica “intra-moenia”; chi ha già pagato, concorrendo con le proprie tasse, al finanziamento pubblico del sistema, fa la coda.
Molteni è andato alla radice della questione e ritiene che, in buona sostanza, si debba prendere atto delle trasformazioni profonde intervenute, nel campo della sanità, nel mezzo secolo o poco meno che ci separa dall’ approvazione della 833, la legge generale di riforma che ha introdotto, nel nostro ordinamento, il sistema universalistico di tutela della salute. E, quindi, ripartire da capo – suggerisce Molteni – ridisegnando il nostro SSN, superando la logica “aziendalista” cui è improntato, incardinandolo su obiettivi misurati in termini di salute, piuttosto che su parametri di carattere econometrico, funzionali al controllo della spesa più che alla sua efficacia, come avviene nell’attuale impianto.
Il presupposto necessario per una tale impresa – afferma Alfredo Anzani – è di carattere “etico”, passa, cioè, da un consapevole e puntuale riconsiderazione del valore umano che quotidianamente è gioco nel campo della salute e della malattia. E dunque – sostiene Marco Torriani – il ruolo e la competenza dell’ operatore sanitario, le condizioni ambientali ed organizzative in cui lavora, la componibilità del rapporto vita-lavoro, insomma la possibilità di svolgere serenamente il proprio compito diventa un fattore decisivo per la buona funzionalità del sistema. Ma – e qui si pone un quesito di natura rigorosamente politica, cui non si sfugge – siamo tutti d’accordo che si debba, in ogni caso, difendere e preservare il sistema di tutela universalistica della salute, adottando le politiche necessarie perché sia “sostenibile” oppure no? Oppure, c’è chi tacitamente non disdegna che si creino spazi e condizioni tali per cui le assicurazioni si facciano avanti, assumendo una funzione, via via sempre più rilevante, di supplenza o di integrazione della sanità pubblica, fino a trasformare di fatto il sistema pur senza mutarne l’ impianto legislativo, facendo della salute un’ occasione di profitto, secondo una rigorosa logica di mercato e consacrando, una volta per tutte, che vi siano una sanità dei ricchi ed una sanità, se non dei poveri, della gente comune?
Come osserva ancora Massimo Molteni, non è forse vero che una logica di mercato è già contemplata nell’ attuale sistema e nello stesso comparto di sanità pubblica? La nostra proposta è che i feroci contendenti del bipolarismo nostrano sappiano trovare un momento di tregua, almeno a fronte di un patrimonio comune, a fronte della più rilevante conquista sociale del secolo scorso e la facciano salva dalla contrapposizione pregiudiziale e cieca che ispira i loro orientamenti.
Il ‘900, infatti. Una stagione drammaticamente segnata da due guerre mondiali, ma anche attraversata da progressi organici e sostanziali, mai visti prima, nel campo dei diritti sociali, frutto di lotte e rivendicazioni popolari che le forze popolari del tempo – altro che “consociativismo” – hanno saputo interpretare da fronti differenti, ma sostenute da una comune considerazione dell’ interesse generale del Paese.
Domenico Galbiati