Mario Draghi ha completato il lavoro cui l’aveva incaricato Ursula von der Leyen per prospettare un possibile percorso di riforma dell’Unione europea. Draghi ha parlato di riforme “radicali” e subito è nata la sua candidatura a guidare la Commissione di Bruxelles.
Persino Ignazio La Russa, ma solo perché interrogato al riguardo, ha riconosciuto che il nostro “Super Mario” ha i “titoli per ambire a ogni ruolo” per poi aggiungere prudentemente: ” Sulla ipotesi concreta non so dire niente e su quello che ha detto men che meno perché non ho letto il suo discorso”.
La prudenza è più che scontata nel caso di La Russa perché Giorgia Meloni sta sgomitando da mesi per porsi come possibile sostenitrice della riconferma di Ursula von der Leyen sognando addirittura, magari, di porsi con i suoi conservatori europei come il valore aggiunto necessario perché la tedesca resti alla guida della Commissione. Ma le cose potrebbero cambiare in fretta ed è necessario seguire il vento sul campo di regata.
La possibile candidatura di Draghi potrebbe diventare concreta se dalle urne il prossimo giugno uscisse un responso in grado di dare alle sinistre e al centro la forza per chiedere una diversa guida della Commissione, anche perché si tratterebbe di una grossa novità la riconferma dello stesso Presidente, e per di più germanico.
Vista l’aria che tira, e cioè del tirare tutti a pensare ai propri affari, forse noi italiani dovremmo auspicare una soluzione del genere. E questo nonostante l’imbarazzo della Meloni che resta radicata nel suo conservatorismo intriso anche di posizioni estreme. Però, al dunque come giustificherebbe il sabotaggio di una eventuale possibilità per Mario Draghi che molto già fece per l’Italia alla guida della Bce quando tutti ci davano contro?