Nuova versione della Legge di Bilancio. Giorni e giorni passati in attesa che la destra, e i quasi insignificanti rimasugli di centrodestra, rivedessero quello che tanto pomposamente era uscito dal Consiglio dei ministri parecchi giorni fa.
Quello che non è mutato è la ferrea determinazione a non lasciar presentare alcun emendamento ai parlamentari della maggioranza. Alla faccia del dettato costituzionale che ci spiega come deputati e senatori, prima di rappresentare i loro partiti d’appartenenza, costituiscano singolarmente presi la voce dell’intero popolo italiano. Eppure già si parla di ulteriori modifiche in sede di dibattito parlamentare. Utilizzeranno gli emendamenti delle opposizioni? O sarà il Governo a disfare in taluni punti la propria manovra? Dilettanti allo sbaraglio. Presi soprattutto dalle loro necessità di garantire i pezzi delle corporazioni in cui hanno ridotto quell’Italia unitaria per la quale si sbracciano a tutelarne preminenza e ruolo, addirittura a livello mondiale.
Ma cosa ci dobbiamo aspettare del resto da chi si è formato su Tolkien, Avola e Almirante e che ogni giorno, sempre di più, dimostra come gli studi giovanili si siano limitati a quelli di una cultura e di un metodo politico superato completamente con la nascita della Repubblica democratica ed antifascista?
Per confondere le acque, e un popolo sempre più convinto della pochezza della politica, purtroppo anche alle opposizioni manca il colpo d’ala necessario, si vuole costituzionalizzare un sistema già nei fatti in essere. Quel “governismo” che, con il bipolarismo, ha snaturato la nostra Repubblica parlamentare e completamente deresponsabilizzato gli eletti in Parlamento nei confronti dei loro elettori.
Ritornano i fantasmi delle proposte della destra neofascista e della P2 della Repubblica presidenziale mentre, invece, più che mai si pone il problema di un ritorno ad una partecipazione popolare e diffusa alla cura e alla gestione della cosa pubblica.
Con la presentazione ufficiale da parte del Governo della riforma del “premierato”, e anche questa appare come una vera e propria anomalia, oltre che di ignoranza istituzionale, verrà il momento di uno scontro duro. Capace di fare emergere anche la questione della riorganizzazione di un’area centrale in grado di contenere gli estremismi di destra e di sinistra. Ciò che noi chiamammo già tanto tempo fa il “baricentro”. E’ evidente che bisognerà contrastare da subito, e con decisione, l’idea dello stravolgimento della nostra Costituzione, la fine del rispetto dei necessari equilibri tra i poteri e gli organi dello Stato e quella dell’ancora più pronunciata “verticizzazione” della politica e delle istituzioni.
E bisognerà farlo con chi ci sta senza accontentarsi delle solite litanie del “centro” e del moderatismo. Consapevoli che su di un tema del genere si misurerà anche lo spessore di quel mondo cattolico il quale, dopo aver perso quasi tutto quel che di positivo aveva costruito nel corso di un intero secolo, dovrà decidere se far cadere anche il suo frutto più significativo costituito da una Costituzione permeata da profondi criteri e sentimenti di solidarietà, partecipazione e inclusione.