Brutto segnale ieri a Roma per il fermo di un gruppo di giornalisti che si sono sentiti dire che il comportamento tenuto nei loro confronti costituisce una “prassi”. Sì, “prassi” di uno stato fascistoide.
Le lacrime di coccodrillo sgorgate ieri sera a cose fatte non c’incantano e, comunque, devono essere seguite da provvedimenti chiari e duri presi nei confronti dei responsabili e da un impegno ai massimi livelli, compresi Giorgia Meloni e il ministro Piantedosi, che la cosa non si ripeterà. A chi ha studiato un po’ il fascismo sa bene come tutto cominciò … con la “prassi”.
Ci affidiamo al resoconto di Open (CLICCA QUI), senza alcun commento se non il chiederci se ci stia “orbanizzando” pure noi.
Tre giornalisti, un fotoreporter del Corriere della Sera, Massimo Barsoum, una giornalista del Fatto Quotidiano, Angela Nittoli, e un giornalista de La7, Roberto Di Matteo, sono stati fermati dalla polizia mentre erano diretti a seguire l’ultimo blitz degli attivisti di Ultima Generazione, a Roma. Nonostante l’esibizione di tesserini professionali e documenti di identità sono stati portati comunque al commissariato di Castro Pretorio, dove sono stati tenuti per un’ora in camera di sicurezza, con la porta aperta. «A me personalmente una cosa così non mi era mai successa. Sono vent’anni che faccio questo lavoro e sì mi è capitato che, ad evento in corso, mi chiedessero il tesserino professionale. Ma una volta esibito e fatte le opportune verifiche tornavo a coprire l’evento», spiega a Open Angela Nittoli.
I tre colleghi sono stati fermati prima di raggiungere il punto in cui si trovavano gli attivisti. Alla richiesta di documenti da parte degli agenti hanno esibito tutto il necessario. «Dieci minuti, controlliamo e poi potete andare», ha detto loro un agente. Ma i dieci minuti sono diventati mezz’ora per strada e un’ora e mezzo circa in commissariato. I tre, fermati intorno alle dieci, sono stati rilasciati appena dopo mezzogiorno. Giunti in centrale a bordo della volante, hanno subito una perquisizione corporale, degli zaini e un controllo dell’attrezzatura. Nittoli, quando ha avuto l’esigenza di andare in bagno, è stata accompagnata da un’agente donna. «Mi hanno chiesto di non chiudere la porta, ma di accostarla», racconta. Prima di andare via, racconta «ci hanno fatto vedere un verbale che non abbiamo firmato, ci siamo rifiutati». Il motivo? Sopra il documento la perquisizione, per esempio, non veniva menzionata. «Così, di fatto siamo usciti senza una carta in mano», spiega. I cronisti stanno ricevendo la solidarietà di tanti colleghi e delle loro redazioni.
Il presidente nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, Carlo Bartoli, ha dichiarato: «Lo scorso 10 maggio siamo stati ricevuti dal Ministro dell’Interno Piantedosi che ci ha dato ampia assicurazione sulla tutela dei giornalisti nello svolgimento del loro lavoro nel pieno rispetto del diritto di cronaca. Era accaduto nei giorni precedenti che colleghi erano stati fermati e portati in commissariato a Padova e a Messina. Adesso la storia si ripete a Roma. Lo ribadiamo con fermezza: i giornalisti regolarmente iscritti all’Ordine e muniti di tessera professionale hanno non solo il diritto, ma il dovere di seguire i fatti di cronaca e il loro lavoro non può essere interrotto senza validi e fondati motivi dalle Forze dell’Ordine. Non vorremmo che il fermo dei cronisti diventi una prassi. È incostituzionale e lesivo della libertà di stampa e del diritto dei cittadini ad esser informati».