Addio Italia bella. Con il DDL sull’Autonomia differenziata, l’Italia torna allo Stato Feudale, suddivisa in piccoli regni e granducati. Quello che non era riuscito al Senatur, col disegno secessionista per la costituzione del Grande Nord è stato realizzato da uno dei suoi delfini. Quel Roberto Calderoli, già gloriosamente distintosi come autore di una legge elettorale da lui stesso definita una maialata.
Cambiano i tempi e cambiano i governi. Quello attuale di destra-centro, in ragione dei sentimenti patri che lo contraddistinguono, ha pensato bene di mettere da parte i principi di coesione e unità, in ossequio alla maggioranza e alle forze che la compongono. Un tributo pagato alla Lega, che confligge e sconfessa gli ideali di unione del patrio suolo sbandierati dalla destra. I costituzionalisti rilevano un attacco ai tratti distintivi della Repubblica, che si riconosce nella sua unità e indivisibilità. Il Nord del Paese, da sempre insofferente alle politiche di assistenzialismo a favore del Sud, si prende la sua rivincita, scrollandosi di dosso un peso inutile e gravoso. Punti di vista, naturalmente. Che la “questione meridionale” non sia mai stata risolta è un dato di fatto; ma questa via di uscita non può essere la soluzione.
La maggioranza si affanna nel tentativo di sostenere che il decreto è assolutamente imparziale e offre a tutte le regioni, le stesse opportunità e quindi, chi ha più filo da tessere, tesserà. Più che di una sfida, si tratta di una presa d’atto, tra chi ha maggiori risorse e potrà beneficiare del provvedimento e chi, invece sarà costretto ad arrancare per una serie di difficoltà spesso legate a condizioni oggettive, come le caratteristiche del territorio, e non ad atteggiamenti passivi, secondo la vulgata popolare. Basta guardare alla conformazione del Bel Paese, per capire che ci sono luoghi deputati a attività produttive e altri che si apprezzano per le loro attrattive paesaggistiche. Le pianure, poche, si alternano a rilievi e a quella lunga teoria di litorali che delimitano le nostre coste.
Così, quella che era considerata la nostra forza, cioè l’insieme di caratteristiche naturali uniche nel loro genere e la nostra storia, ricca di testimonianze tali da essere riconosciuti dall’Unesco, tra i Paesi col maggior numero di siti Patrimonio mondiale dell’Umanità, dovrà accontentarsi di regionalizzare le sue bellezze e ridurre i propri beni artistici e culturali, a espressione di fattori locali e non di quel genius loci, squisitamente italiano, di cui andare fieri: almeno fino a ieri. Accanto a luoghi assecondati da una natura florida e generosa, ci sono anche ambienti ostici eppur amati dai residenti, costretti a allontanarsi, a emigrare per cercare fortuna. Aree svantaggiate identificate come terre del dolore, dove la vita è difficile e la natura avara, e i pochi abitanti rimasti hanno la colpa di non essere nati in luoghi più avvantaggiati. Ma non bisogna temere ingiustizie, perché a vigilare su reciproci equilibri e garantire interventi perequativi, ci sono i saggi custodi dei LEP: Livelli Essenziali di Prestazioni. Come agiranno per il momento è ancora nelle intenzioni ma presto, è stato detto, arriveranno i decreti.
L’Autonomia, così concepita, con il trasferimento alle regioni di praticamente tutti i poteri, come previsto dalle materie concorrenti, svuota di significato il concetto di Unità Nazionale, individuando nelle Autonomie territoriali i nuovi autorevoli referenti. Pensiamo a cosa potrà succedere in alcuni settori sensibili, come la Sanità o la Scuola, dove a distanza di pochi chilometri si potranno avere diversi ordinamenti e di conseguenza differenti trattamenti per i cittadini. L’efficienza però non dovrebbe andare a scapito della solidarietà e basterebbe ricordare l’enunciato dell’articolo 3 della Costituzione, per rendersi conto della deriva etica insita nel decreto sull’Autonomia.
Chi soccorrerà la Repubblica nel “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”? Lo spirito dei costituenti era altro rispetto a quello che ha mosso i legislatori dell’Autonomia differenziata, ma questa maggioranza a connotazione destrorsa, ha già manifestato differente sensibilità istituzionale e afflato democratico, decidendo di sostenere il Premierato come autorevole forma di Governo, per garantire la stabilità dell’Esecutivo. Le manovre sono chiare e, complice l’atteggiamento passivo della popolazione per la politica, stanno riducendo i gradi di libertà della democrazia. Converrà scuotere l’indifferenza e reagire perché si sa che il sonno della democrazia, genera mostri.
Adalberto Notarpietro