Il dibattito politico e parlamentare che, negli ultimi giorni, ha dato ampio spazio alla controversia fra Governo italiano e Commissione Europea riguardo al decreto legge che, fra l’altro, ha riformato il controllo della Corte dei Conti italiana, escludendo il controllo in itinere degli atti di spesa derivanti dal PNRR e del Piano Nazionale Complementare, ha inevitabilmente dato luogo – come non può non succedere in un dibattito in presenza di un sistema parlamentare maggioritario – a un duetto anziché la polifonia, propria di un sistema proporzionale.
Da un lato, la maggioranza dei partiti e dei parlamentari a favore del provvedimento del Governo di riduzione delle competenze di controllo della Corte dei Conti riguardo alle operazioni predette; dall’altro lato, la Commissione Europea e la minoranza dei partiti e dei parlamentari, abbastanza compatta, facente da cassa di risonanza alla posizione della Commissione stessa, contro la riforma in parola.
Difficilmente si può esprimere un giudizio fondato riguardo alla posizione della Commissione europea se non s’inquadra la controversia all’interno della normativa europea quale risulta dalla dalla compenetrazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, del Trattato dell’UE e del Trattato per il funzionamento dell’UE, quali risultano a séguito del Trattato di Lisbona del dicembre 2007, tutti e tre aventi lo stesso valore giuridico e in vigore, nei testi attuali, dal dicembre 2009.
Sul punto in esame, si esprime chiaramente il TUE negli art. 4 e 5:
Articolo 4
- In conformità all’articolo 5, qualsiasi competenza non attribuita all’Unione nei trattati appartiene agli stati membri.
- L’Unione rispetta l’uguaglianza degli stati membri davanti ai trattati e la loro identità nazionale insita nella loro struttura fondamentale, politica e costituzionale, compreso il sistema delle autonomie locali e regionali. Rispetta le funzioni essenziali dello Stato, in particolare le funzioni di salvaguardia dell’integrità territoriale, di mantenimento dell’ordine pubblico e di tutela della sicurezza nazionale. In particolare, la sicurezza nazionale resta di esclusiva competenza di ciascuno Stato membro.
- [omissis]
Articolo 5
- La delimitazione delle competenze dell’Unione si fonda sul principio di attribuzione. L’esercizio delle competenze dell’Unione si fonda sui principi di sussidiarietà e proporzionalità.
- In virtù del principio di attribuzione, l’Unione agisce esclusivamente nei limiti delle competenze che le sono attribuite dagli stati membri nei trattati per realizzare gli obiettivi da questi stabiliti. Qualsiasi competenza non attribuita all’Unione nei trattati appartiene agli stati membri.
- In virtù del principio di sussidiarietà, nei settori che non sono di sua competenza esclusiva, l’Unione interviene soltanto se, e in quanto, gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli stati membri né a livello centrale né a livello regionale e locale, ma possono, a motivo della portata o degli effetti dell’azione in questione, essere conseguiti meglio a livello di Unione.
Le istituzioni dell’Unione applicano il principio di sussidiarietà conformemente al protocollo sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità. I parlamenti nazionali vigilano sul rispetto del principio di sussidiarietà secondo la procedura prevista in detto protocollo.
In virtù del principio di proporzionalità, il contenuto e la forma dell’azione dell’Unione si limitano a quanto necessario per il conseguimento degli obiettivi dei trattati.
Le istituzioni dell’Unione applicano il principio di proporzionalità conformemente al protocollo sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità.
Già il Regolamento 2021/241 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 12 febbraio 2021, che istituisce il Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza del 12 febbraio 2021 e costituisce la base regolamentare del Next Generation EU, forza il principio di sussidiarietà indicato dal TEU, in quanto contempla che, nel processo di valutazione del PNRR presentato da ogni Stato membro, la Commissione Europea abbia una posizione prevalente rispetto allo Stato proponente:
Art. 19
- La Commissione valuta il Piano per la Ripresa e la Resilienza. [In sede di valutazione], la Commissione agisce in stretta collaborazione con lo Stato membro interessato. La Commissione può formulare osservazioni o richiedere informazioni supplementari. Lo stato membro interessato fornisce le informazioni supplementari richieste e, se necessario, può rivedere il Piano anche dopo la sua presentazione ufficiale. Lo Stato membro interessato e la Commissione possono concordare di prorogare il termine per la valutazione per un periodo di tempo ragionevole, se necessario.
- La Commissione valuta la pertinenza, l’efficacia, l’efficienza e la coerenza del Piano.
Art. 20
- Su proposta della Commissione, il Consiglio [Europeo] approva, mediante decisione di esecuzione, la valutazione del Piano presentato dallo Stato membro.
- Qualora la Commissione valuti positivamente il Piano, la proposta della Commissione di decisione di esecuzione del consiglio stabilisce le riforme e i progetti di investimento che dovranno essere attuati dallo Stato membro, compresi i traguardi, gli obiettivi e i contributi finanziari.
- c) Se il Piano non risponde in misura soddisfacente ai criteri di cui all’art. 19, comma 3, allo Stato membro interessato non è assegnato alcun contributo finanziario.
Quindi le riforme e gli investimenti coerenti con esse vengono definite dallo Stato e dalla Commissione Europea: condizionalità più che sussidiarietà!
Ritornando alla controversia con riferimento alla quale è iniziato il presente articolo, si può dire che l’intervento della Commissione Europea, che ha bocciato la riforma che elimina la competenza del controllo in itinere della Corte dei Conti italiana per gli investimenti della Pubblica Amministrazione nell’àmbito del PNRR e del Piano Nazionale Complementare costituisce un’intromissione della Commissione Europea, chiaramente in contrasto con il principio di sussidiarietà, base della costruzione dell’edificio europeo, senza il quale (forse) l’Unione Europea non sarebbe nata.
D’altra parte, è ben nota l’esistenza in diversi campi di rilevanti divari fra i principi contenuti nei trattati europei e la gestione politica dell’Unione Europea (vedi, ad esempio, D. Ciravegna, “Unione Europea: Divario fra i principi e la gestione politica”, in Diritto ed Economia dell’Impresa, Giappichelli, Torino, n.1/2017).
Daniele Ciravegna