Il “blogger” d’eccezione, a cui noi tutti lettori siamo grati per l’instancabile lavoro di analisi e commento politico delle più svariate vicende umane, è l’amico Domenico Galbiati. Certo, può anche capitare di avere una diversa visione su alcuni argomenti trattati, ma sappiamo che lo scambio di idee può solo arricchire. È infatti altresì risaputo che sono proprio gli amici ad avere la prerogativa di dire cose che magari altri non hanno la forza o il coraggio di dire. Riprendo, per andare al concreto, due passaggi del suo articolo del 29 Aprile (CLICCA QUI).
Ecco il primo: “Sia pure facendo di necessità virtù, la Germania si è, in un certo senso, consegnata alla Russia, ancor più di quanto non abbia fatto l’Italia, in ordine alla partita energetica. Il che, tra le altre cose, mostra come l’Occidente, non covasse nei confronti della Russia quelle intenzioni aggressive che gli attribuisce la paranoia di Putin”.
Ora, l’amico Galbiati ritorna su una sua visione particolare quando descrive l’Occidente come una entità monolitica, cosa che a mio avviso non è. Risulta evidente, a chiunque voglia vederlo, che l’Occidente, qualunque cosa si voglia intendere con questo termine (al riguardo rimando al mio precedente scritto CLICCA QUI) e ad un articolo comparso il 27 Aprile su “Il fatto Quotidiano” a firma di Domenico De Masi (CLICCA QUI), presenta almeno due diverse connotazioni e di conseguenza due diversi approcci verso la Russia: uno è quello dei paesi europei, con in testa Germania e Italia, che hanno tutti gli interessi (vitali) ad avere, come era stato fino ad adesso, rapporti amicali e di reciprocità, l’altro è quello degli Stati Uniti che con le sue ingerenze nefaste e documentate in Ucraina, ha fatto saltare il banco, cioè ha, con una determinazione ossessiva, impedito che le ricchezze minerarie russe si unissero alla tecnologia tedesca, creando un blocco politico potentissimo. Al riguardo ricordiamo tutti l’ossessivo, ripeto, accanimento contro il Nord Stream 2, struttura che avrebbe rinsaldato ulteriormente i legami, a coronamento della visionaria ed encomiabile Ostpolitik di Willy Brandt, politica che era sostenuta anche dal Vaticano. Cosa impedisce all’Europa di affrancarsi da una sudditanza negativa dagli USA ed acquisire una sacrosanta autonomia, visto che a sancire di fatto l’autonomia sul campo è stato il comportamento indegno e indecoroso tenuto dagli “alleati” americani in Afghanistan nei riguardi di noi europei, considerati meno che zerbini, e non solo? È presto detto: la presenza di centinaia di basi NATO e di militari americani sul nostro suolo, retaggio della sciagurata guerra mondiale. La reazione della Russia, pur nella sua crudezza, propria per altro di tutte le guerre (e quelle portate dall’Occidente non fanno eccezione, qualcuno ricorda Abu Ghraib?), è la reazione di chi non vuole sottomettersi alla volontà altrui, vuol rimanere fedele alla sua storia ed è disposta a tutto pur di riuscirci, fino ad evocare il “muoia Sansone e tutti i filistei”.
Tornando all’articolo di Domenico Galbiati, riporto un altro passaggio che secondo me avrebbe bisogno di revisione storica: “Senza che l’Italia – per quanto pesantemente condizionata dal ruolo di paese sconfitto nel conflitto mondiale e sorvegliato speciale sulla prima linea della guerra fredda – sia mai stata lo zerbino degli Stati Uniti. Anzi, ha saputo, a più riprese – grazie soprattutto alla leadership democratico-cristiana del nostro Paese, da Fanfani, a Moro ad Andreotti, senza scordare l’azione di Enrico Mattei – interpretare quel ruolo mediterraneo e di accorta attenzione ai conflitti del vicino Oriente che, in definitiva, tuttora esigerebbe una capacità di iniziative che l’Europa non è sempre in grado di esprimere”.
Forse è giusto ricordare che il ruolo che l’Italia ha cercato di avere, discostandosi dalle imposizioni dei vincitori della guerra, è stato qualche volta pagato con la vita da alcuni di quei grandi personaggi citati, Moro, Mattei, ed aggiungerei Olivetti, ma rimanere legati a eventi del millennio scorso potrebbe essere fuorviante. Stiamo rischiando risvolti drammatici nel momento in cui fosse interrotto da subito il flusso di gas, ma non dimentichiamo le conseguenze del mancato approvvigionamento di grano e fertilizzanti, che metterebbe in ginocchio oltre noi nazioni intere che al grano russo ed ucraino devono la loro sopravvivenza. La guerra deve finire ora e sostenere le prese di posizione del Vaticano dovrebbe essere il nostro principale impegno politico: ricordiamo il libro di Papa Francesco: “Contro la guerra: il coraggio di costruire la Pace”.
Avere una posizione terza (“tertium datur!!!”) ci metterebbe al riparo dall’essere considerati amici di una delle due parti: si sancirebbe allora il vero primato politico dell’Occidente, che potrebbe orgogliosamente dimostrare di poter giustamente ambire ad un ruolo di guida del Pianeta intero. Tale ruolo è, a mio provocatorio avviso, occasionalmente usurpato da quelli che un tempo venivano definiti “barbari” e che purtroppo il Vallo di Adriano non era riuscito a fermare, anche se le vestigia romane della città di Bath in Gran Bretagna testimoniano ancora oggi l’elevato grado di civiltà raggiunto all’epoca: riaffermare quella supremazia culturale, rielaborata alla luce di una profonda visione spirituale e morale garantita dal Vaticano, potrebbe mettere all’angolo le istanze dei barbari e portarci a quel salto evolutivo che si potrebbe rivelare salvifico per tutto il Pianeta.
Massimo Brundisini