La manovra economica del Governo, dal punto di vista concettuale, non presenta novità; si muove  nell’alveo delle precedenti. La ratio è quella di dare una risposta alle attese dell’elettorato a brevissimo periodo, nonostante la roboante intestazione di “piano strutturale” data dal Governo alla suddetta manovra.

Va osservato che l’obiettivo di ridurre le disuguaglianze sociali crescenti non è “strutturalmente “ perseguito , se non si incide sulla libertà neo-liberista del mercato.

Negli ultimi anni, l’Italia è stata l’unico paese Ocse a presentare una riduzione del potere reale delle retribuzioni del personale dipendente privato. Viceversa, sul fronte del “Capitale”, il fatturato delle medie-grandi imprese industriali ( fonte Il Corriere della Sera, 14/10/24), negli anni ’19-’23, è aumentato del 34%. Inoltre, sempre da parte dei detentori del capitale, i soci hanno reinvestito nelle loro aziende solo il 20% degli utili distribuiti, mentre l’80% è stato investito in rendite finanziare.

A questo  proposito, non si trova, nel “ pacchetto” delle politiche governative, una reazione ai predetti effetti sociali negativi, causati dal neoliberismo nostrano , il cui ruolo continua ad essere determinante nella economia italiana.

Inoltre, l’ossessione d’ ottenere il consenso politico  nell’immediato fa sì che le forze politiche italiane sottovalutino le crisi con i loro effetti presenti nello scenario internazionale, ad iniziare dalla Germania, dove il modello dominante, basato  principalmente sull’export e la delocalizzazione, presenta un rallentamento delle esportazioni, soprattutto di automobili in Cina, nonché l’avvio di un processo di ricollocazione della produzione in Germania. Oggi, l’economia tedesca è significativamente interconnessa con le aree industriali del Nord d’Italia, così che i mutamenti negli assetti tedeschi hanno incidenza diretta sul sistema delle imprese italiane, che sovente appartengono al gruppo delle più qualificate.

Nel suo complesso, il sistema manifatturiero italiano  cresce a ritmi lenti, con lo zero davanti. In verità, l’occupazione è in crescita nei numeri assoluti, ma non nelle ore lavorate. C’è una frenata nell’industria: nel settore dell’automobile, ad esempio, i veicoli prodotti nel 2023 sono inferiori di circa il 40% rispetto al 2022.

Inoltre, l’unilaterale concentrazione della maggioranza dei partiti sullo scontro elettorale a breve periodo, porta a non percepire le opportunità offerte dai mutamenti in essere nel terziario: una florida economia si sta sviluppando intorno a concerti, manifestazioni, eventi sportivi, vacanze.

Ne consegue che l’insensibilità dei partiti nostrani  verso i processi strutturali di medio-lungo periodo finisce per essere di copertura a modelli di sviluppo che tendono a sfruttare il rallentamento dell’economia per  ridurre ai minimi termini le politiche sociali a tutto vantaggio degli interessi del capitale.

Roberto Pertile

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