Si potrebbe proprio dire gratta gratta Trump e ci ritrovi un Trump.
Partito con le più buone intenzioni, quelle di proporsi come il “Presidente di tutti”, di nuovo il rivale di Joe Biden in questa tornata elettorale, è subito tornato ad essere quello del 6 gennaio 2021 e dell’assalto a Capitol Hill. Ancora più convinto di essere stato scelto da Dio dopo lo scampato attentato di pochi giorni fa.
L’estremizzazione e l’istinto divisivo restano nella sua natura, e non c’è niente da fare. Assieme alla tendenza a prefigurare progetti, ed illusioni, che vanno bene per un applauso ad una Convention di partito, egli deve inevitabilmente fare i conti con la complessità del mondo reale e con quella del sistema gestionale di un grande ed articolato paese come sono gli Stati Uniti d’America. Oltre che con quell’inestricabile insieme costituito, inevitabilmente, dagli interessi della nazione più potente del mondo.
Così, la contraddizione può annidarsi nelle cose. Come nel caso di Vance, candidato Vicepresidente dei repubblicani, che parla dei lavoratori e incassa dalle multinazionali.
Trump si è presentato come quello in grado di risolvere il conflitto in Ucraina con una telefonata, una volta eletto. Ma ci crede davvero? Putin non sembra crederci. E neppure Zelensky. Probabilmente, non ci credono neppure i suoi generali e quelli della Nato. Così come quell’apparato industriale militare che non può certo riconvertirsi in una giornata, se si considera cos’ha significato, e sta ancora significando, il balzo della produzione di armi in tutto il mondo e , in modo particolare, in America.
Prima di tutto, Trump vuole ampliare la lotta commerciale alla Cina. Intende pressoché impedire l’arrivo di tanti prodotti a bassissimo costo che, come in Europa, sono diventati indispensabili proprio perché costano poco. È così aumenteranno levspese per le famiglie cui non basta avere solo la benzina più a buon mercato di tutto l’Occidente. C’è da chiedersi, inoltre, se l’idea di “guerreggiare” con la Cina, ma non più con Putin, sia destinata ad avere un qualche successo, visto come si stanno mettendo le cose sul piano geopolitico mondiale in cui i successi finora li registra proprio il sodalizio Pechino Mosca, molto più complementare di quanto non siano le due sponde dell’Atlantico.
Trump vuole poi fare la più grande deportazione di massa nella storia. Lasciamo perdere i risultati e le conseguenze che la Storia ci sciorina su analoghi progetti del passato. E facciamo pure finta che i paesi centro e sud americani, lo assecondino e si riprendano circa 30 milioni di immigrati irregolari. Ma che diranno i latifondisti americani, quelli che votano per lui, che all’improvviso si troveranno senza tanta manodopera ricattabile e a buon mercato?
Il nostro Giuseppe Sacco ha già raccontato in un suo libro del 1980 – Industria e Potere Mondiale – cosa accade in situazioni simili. Una nuova immigrazione sostituisce quella espulsa nel fornire manodopera alle attività che per competere hanno bisogno di comprimere i costi di produzione. E alla fine sono le attività economiche ad emigrare, non solo le fabbriche, ma persino i campi coltivati, come accaduto a tante piantagioni spostate dal Texas in Messico. Come evitare che ciò si ripeta se l’attuale processo migratorio verso gli USA viene interrotto di colpo?
E infine, Trump torna sul ritornello della riduzione delle tasse e parla di isolazionismo. Ma sa benissimo che il mondo è in una fase di evoluzione tale da non consentire la diminuzione drastica della spesa pubblica. Anche per quanto riguarda la presenza mondiale statunitense che, come dimostrano molte cose, da Israele al Pacifico, ha bisogno di alleati, oltre che di un continuo aggiornamento dei sistemi d’arma di difesa e d’attacco.
Comunque, per facili promesse che siano, quelle di Trump sono già sotto la lente degli analisti economici di tutto il mondo. E questi prevedono già solo più inflazione, aumento del debito pubblico e del costo della vita per gli americani.
In ogni caso, c’è da considerare che il programma di Trump non ha un suono dolce alle orecchie europee. Per possibili conseguenze derivanti dalla guerra dei dazi da scatenare con la Cina e, soprattutto, perché l’Europa non può permettersi il costo di un isolazionismo USA portato alle estreme conseguenze.
Giancarlo Infante