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Un anno dopo: l’autoesaltazione dell’italetta

Francamente parlando dobbiamo dire che non volevamo proprio fare un bilancio del primo anno del Governo Meloni. Ma il commento è forzato da quell’autoesaltazione fatta a reti unificate ieri sera da telegiornali che sono una pallida cosa rispetto a quello che furono, e ancora dovrebbero essere, visto quel che costa il cosiddetto servizio pubblico.

La Legge di Bilancio parla da sola. Lo scorso anno fu colpa della deriva Draghi. Quest’anno ancora peggio. Siamo di fronte ad una finanziaria che non investe su futuro che accresce il debito, ma è finalizzata solo a mantenere le promesse elettorali. Sanità, scuola, famiglie avranno delle briciole. I poveri sono usciti dallo schermo radar e così è per il ceto medio perché non c’è alcuna intenzione di aggredire il grande bacino dell’elusione e dell’evasione.

Si esalta la vendita dei titoli di Stato sorvolando sul suo più ampio costo e sul conseguente carico che aggiungiamo alle prossime generazioni. Siamo ridotti ad essere felici d’aver visto confermata la tripla B di rating che da sola ci dice di quanti passi “non” sono stati fatti sulla via della ripresa. Debolezza del resto confermata dalle pessime previsioni per il futuro economico da parte di tutti i principali organismi finanziari internazionali.

Degli sbarchi non si parla più. Perché il ragionamento sarebbe impietoso.

I fallimenti più significativi, però, sono quelli della politica internazionale. In Europa, Giorgia Meloni sta perdendo pezzo dopo pezzo i suoi alleati. Gli è rimasto solo Orban e tra poco si esaurirà anche quella strana idea di fare un asse con il Regno Unito di Sunak costretto a pensare a come fare i bagagli e a lasciare Downing Street. Non a caso giovedì scorso ha perso altri due seggi a Westminster.

L’italietta che è stata costruita non ha concluso niente con la Tunisia ed ha appena partecipato al l’inutile vertice del Cairo. “Mediamo per la pace” ha scritto qualche giornale fiancheggiatore, ma dall’Egitto non è venuto neppure una riga di comunicato ufficiale. La realtà è che ci siamo andati ad imbarcare senza equilibrio in cose più grandi di noi.

Resta un inedito modo di mettere in piazza le vicende personali. Cosa che non solo era al di fuori della tradizione di quella classe politica che davvero fece grande l’Italia, ma che rivela debolezze strutturali proprie dei personaggi che oggi popolano la nostra classe dirigente.

Contenti? Assolutamente no. Anzi, furiosamente arrabbiati per tutte le conseguenze che tanti errori porteranno agli italiani e perché abbiamo capito che il vero sentimento nazionale non alberga davvero dove dovrebbe. A dispetto di tanta retorica e propaganda che fa bene, ma a lungo andare sarà così?, solo a galvanizzare quella minoranza che ha portato l’italietta a Palazzo Chigi.

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