Ieri, Natale Forlani ha tracciato il quadro che ci attende alla luce di quelle che definisce “una serie di promesse elettorali” in cui molti si stanno cimentando (CLICCA QUI). Ma da una politica tutta giocata sull’imbonimento invece che sulla responsabilità cosa ci dobbiamo aspettare? Sarà forse vero, come titola il Domani l’articolo di Gianfranco Pasquino, che ” Il nuovo bipolarismo non prevede programmi elettorali sensati”.
Sì, il “nuovo bipolarismo” si preannuncia ancora più indecente e pericoloso di quello che ci siamo dovuti sorbire negli ultimi trent’anni e, soprattutto, nell’ultimo decennio.
I due blocchi contrapposti si stanno già occupando delle cose loro. Il centrodestra sembra già dare per scontato come andrà il voto. Vinceranno! E così, chi fino ad ieri stava con Mario Draghi, stanno già mercanteggiando con Giorgia Meloni, davvero convinta di saper governare. Un tempo cose del genere venivano almeno trattate nella riservatezza in un estremo tentativo di salvare il decoro dello scambio. L’accordo è trovato.
In un paese politicamente civile la loro sarebbe stata un’unione impossibile. Colpisce che Salvini e Berlusconi non spieghino quale visione strategica per il Paese li abbia portati a far cadere il Governo Draghi, contro cui, e fieramente, si era collocata la Meloni. E che quest’ultima si riallei con gli altri due senza fornire una spiegazione se non sulla base del credo che “uniti si vince”. Sì uniti, ma per cosa e, soprattutto, per quanto. Sono dieci anni che va avanti questa storia, a partire dal Governo Monti.
In qualunque altro paese politicamente civile avremmo visto che gli organi d’informazione si sarebbero particolarmente impegnati a chiedere chiarimenti su questi punti. Ma i nostri, televisioni e giornali, stanno ad inseguire il “fumo”, spiano dal buco della serratura, restringono tutto su questioni personali. A conferma della grande responsabilità che anche la stampa si è progressivamente assunta nel far parte del “teatrino della politica” e contribuire, così, ad una vera e propria disinformazione di massa.
A sinistra non è che andiamo molto meglio. Continuiamo a non sapere più su quale “campo” andrà zappato dopo il fallimento quello “largo” tutto giocato sulle relazioni con i 5 Stelle entrati oggi nella lista dei competitori, se non in quella degli avversari. A questo riguardo, una nota particolare dovrebbe riguardare la persona di Enrico Letta. Ovviamente, non per ciò che riguarda lui in quanto tale, anzi, sempre da apprezzare per la pacatezza e il limitato lasciarsi andare ad invettive e commenti pesanti sugli avversari. C’è da riferirsi al fatto che, senza soluzione di continuità, sia rimasto alla guida del Pd nonostante quella che, in gergo marinaresco, sarebbe da definire una strambata, cioè qualcosa che va ben oltre una virata o un semplice mutamento di rotta. Il “campo largo” è stato abbandonato senza raccolto, come spesso accade quando non è più economicamente conveniente farlo in agricoltura, senza che ci fosse un battito di ciglia all’interno del Pd. E’ evidente come in questo contesto si debba digerire un po’ tutto quel che succede e che, quindi, il fare di necessità virtù porterà ad una inevitabile resa dei conti solo dopo l’eventuale sconfitta, il 25 di settembre.
Adesso, possiamo solamente capire che Letta sta contrattando con Carlo Calenda da cui però vede alzata la posta. E’ inevitabile che questo accada, giacché che il Capo di Azione sarebbe costretto a rinunciare a tutto quello per cui ha lavorato finora e ad accantonare l’idea di rappresentare la novità del cosiddetto centro. E così avanza addirittura l’ipotesi che, in caso di vittoria assieme a Letta, Draghi non fosse disponibile a tornare a Palazzo Chigi, vorrà lui raccogliere il bastone caduto inopinatamente qualche giorno fa in Parlamento. Per favorire l’approdo sulle proprie sponde di Calenda, che vede come il fumo negli occhi la vicinanza di Luigi Di Maio, Letta si sta inventando una lista del Ministro degli Esteri sostenuta dal Sindaco di Milano Sala il quale si è limitato a dire: obbedisco.
Vedremo la resistenza della parete gastrica di molti di questi attori sulla scena politica.
L’unica cosa certa, stando a ciò che emerge in questi giorni, quando tutti siamo costretti a rovistare tra le pieghe delle norme che regolano le elezioni, è che destra e sinistra sono stati concordi nel continuare nella “conventio ad excludendum” e, in una maniera ancora più vessatoria che nel passato, hanno fatto di tutto pur di evitare la presentazione di liste nuove. Giungendo al punto, questione non secondaria visto che le firme si dovranno raccogliere in pieno agosto, d’imporre notte tempo un emendamento in base al quale sarebbe preclusa la possibilità di raccogliere le firme in modo digitale grazie all’utilizzazione dello Spid. Cosa che contrasta con la recente possibilità offerta, e sancita dalla Corte di Cassazione, in occasione dei referendum sul Fine vita. Inoltre, sempre rovistando tra norme e regolamenti, la ciliegina finale è giunta con la decisione di sollevare dall’obbligo della ricerca delle firme amici ed amichetti di destra e di sinistra che, altrimenti, avrebbero potuto concludere ben poco. Ovviamente, anche a loro verrà chiesto un prezzo. Ma tornare in Parlamento per qualcuno sembra sia proprio questione di vita o di morte, non di decoro politico.
Gli italiani su queste nefandezze purtroppo non sono informati. In taluni casi, non vogliono neppure saperle anche se da esse nascono alcuni dei gravi mali della nostra democrazia. Chi invece le ritiene intollerabili dovrebbe davvero cominciare ad avviare un moto di ripulsa e, magari, arrivare fino dinanzi il Tribunale internazionale dei Diritti dell’uomo perché cessi questo strame dei nostri principi costituzionali.
Giancarlo Infante