Stavolta mi accingo a scrivere non un articolo, ma ben sei! Sono le situazioni politiche di vario genere o diverso livello istituzionale che, in ogni modo, rappresentano – secondo la mia opinione – la nostra ipocrisia: dalla folle corsa verso le regionali all’Accordo di governo con l’Albania, al caso Santanchè, dalla magistratura all’amministrazione capitolina fino alla “questione morale”.
La prima è davvero intollerabile per chi s’è illuso di servire lo Stato con lealtà assoluta. Quella corsa, frenetica e – appunto – ipocrita dal Palazzo verso il “territorio” a fare promesse da marinaio, alla ricerca, indecorosa, del sospirato voto regionale. Si parte per la Sardegna, per l’Abruzzo e fino a ieri per la Basilicata dimenticata da tutti, senza avere in testa un minimo di progetti da esporre alle comunità locali; anzi – ed è peggio! – senza neanche conoscere i loro problemi, le tante esigenze, mentre ci si limita a parlare del “sistema”, di leadership o degli avversari-nemici, ecc. Nient’altro.
La seconda questione è l’Accordo bilaterale con il governo albanese, cui sono destinati un bel po’ di milioni di euro “a scatola chiusa”. A tutti i costi pur di tenere lontano il problema immigrazione, da cui peraltro non riusciremo a liberarci per qualche lustro e sarà così, perché né le istituzioni europee, né tantomeno i nostri governi ed il parlamento sono capaci di affrontarlo con adeguato raziocinio e con una visione paradigmatica atti a creare un metodo ed una governance risolutivi del medesimo.
Terzo caso è quello della signora Santanchè, un ministro che non avremmo dovuto vedere salire al Quirinale per il giuramento a causa del suo, evidente conflitto d’interesse. Questione eticamente insostenibile, ora, alla luce dei processi che la vogliono imputata, cosa che non sarebbe potuta accadere nei Paesi a noi omologhi come la Germania, la Francia o l’Inghilterra.
La lentezza, assurda (soprattutto per gli emolumenti che percepiscono) della nostra magistratura è un danno per i cittadini, specie se privati della propria libertà, per gli imprenditori italiani e stranieri (questi ultimi cercano pertanto di evitarci). Ma l’ipocrisia istituzionale regna sovrana, serpeggiando tra gli interessi di categoria, il Ministero ed il CSM, imbrigliato tra le correnti e la politica in un’attività sostanzialmente autoreferenziale.
Il Comune di Roma “capitale” (dechè ?) è tornato, ormai da qualche anno, in mano al PD (potere despota, significa?) tuttavia per noi, cittadini non è cambiato nulla o quasi. Lavori pro Giubileo in forte ritardo, strade malmesse e spesso buie, scarsa vigilanza in larghe fasce orarie del giorno e della notte, sosta selvaggia di pullman, bici elettriche, smart, micro car e monopattini. Non risulta che ci sia un piano di piste ciclabili, né per la rete ferroviaria urbana, né di parcheggi o intermodalità; ovvero iniziative per eliminare le auto inquinanti dal centro storico, cui basterebbero fondi limitati di incentivi dato che siamo poco più di venti mila i residenti. Almeno potrebbero essere destinati ai taxi per sostituire le vecchie autovetture a benzina, come ha già fatto l’amministrazione madrilena.
Infine, e tutto ciò premesso, constatiamo che la questione morale resta una chimera dei moralisti in un Paese che vede la legalità relegata a “male necessario”, mettendola all’ultimo posto, quale polvere sotto il tappeto. La nausea, l’imbrutimento e la vergogna per gli affaracci che compiono tanti politicanti e portaborse tra i tre milioni di “addetti ai lavori” della politica sono, alla fine, nient’altro che assuefazione, rassegnazione e distacco del “Paese reale”, la gente perbene che sembra dover continuare ad astenersi “legittimamente” dall’esercizio del diritto/dovere di voto.
Michele Marino