Si fa sempre più serrato il confronto tra i fautori di un Ponte che unisca la Sicilia al resto della penisola ed i suoi avversari.
La pattuglia dei negazionisti dello sviluppo appare ogni giorno più sparuta, confusa e priva di concreti progetti alternativi. Un’accozzaglia multicolore, affannata a tenere insieme i cocci di qualche resuscitato centro sociale antisistema, frammenti disorientati dell’estrema sinistra, anarcoidi dei rave party, nostalgici del collettivismo e del preistorico baratto, pseudoindipendentisti, comunisti e penta stellati passatisti, qualunquisti agnostici e apatici, sedicenti intellettuali e scrittori opportunisti, pesudo meridionalisti, al servizio dei più squallidi e deteriori interessi personali, negazionisti dei termovalorizzatori, dell’Alta Velocità, dei porti turistici, del nucleare e delle energie alternative, oppositori ideologici intolleranti di ogni progettualità politica seria e pragmatica.
I fautori della realizzazione del progetto ribadiscono l’opportunità politica di un Ponte tra Calabria e Sicilia, che ridarebbe centralità politico-commerciale a tutta l’ex Magna Grecia. Sicuramente la Sicilia rafforzerebbe la sua identità di isola di mare aperto e di terra aspra, dura, severa, ma sempre solare, accogliente, ospitale. Un’ isola di duplice polarità e di contrasti, di luci e di tenebre, di comico e tragico, di canto e disincanto, di miti ancestrali, di memorie profonde, che è stata storicamente teatro ed epicentro di incontri, scontri e costruttivi confronti tra popoli diversi e civiltà, etnie, culture, religioni contrapposte, facendo prevalere le ragioni della sintesi, dell’integrazione costruttiva, della convivenza pacifica ed operosa.
Ovviamente il Ponte non deve rischiare di restare l’ennesima “cattedrale” nel deserto, ma deve essere accompagnato dal necessario adeguamento della rete ferroviaria, autostradale, aeroportuale, marittima e stradale in Sicilia ed in tutto il Meridione. Le due progettualità non devono essere alternative, in quanto risultano complementari. L’una implica e stimola l’altra. Requisiti tutti che legittimano l’aspirazione della Sicilia a candidarsi al ruolo di cerniera e capitale di scambi commerciali, sperimentazioni scientifiche e produttive, tra l’Europa, l’Africa e l’Asia minore. Il Ponte completa il Risorgimento e ne attualizza e rivitalizza le profonde ragioni storiche.
Nella realtà geopolitica contemporanea, che vede rinnovarsi una “guerra fredda quadrangolare” tra Europa, Usa, Cina e Russia, di cui sono allarmanti indicatori l’aggressione all’Ucraina e ad Israele, il Ponte risulta anche di grande rilevanza strategica per il controllo del Mediterraneo, storico “mare nostrum” Mediterraneo, diventato negli ultimi decenni, Medioceano, connettore fra Oceano Atlantico e Indo-Pacifico, epicentro per la sicurezza delle rotte marittime, degli approvvigionamenti energetici, di materie prime, di cavi sottomarini e tecnologie essenziali allo sviluppo del mondo. Senza il Ponte sarebbe monca la strategia di rilancio della Sicilia e di tutto il Meridione.
Il Ponte potrebbe costituire il simbolo di una nuova fase di sviluppo, come nel 1964 l’Autostrada del Sole. Un Ponte geostrategico, vitale e funzionale. Bisogna accantonare e superare grette gelosie partitocratiche, provincialismi, voci malevole e pregiudizi, se si vuole sperare una nuova primavera per la Trinacria, la Magna Grecia, l’Italia in un’Europa, meno ragionieristica e più rispondente alle esigenze di pace e di crescita dei suoi popoli .
Enzo Randazzo