Con la partecipazione in massa di ministri e dirigenti di Fratelli d’Italia, e di lei stessa, alla mostra su Tolkien organizzata a Roma, Giorgia Meloni ha indicato le basi politiche e culturali su cui si è formata un’intera generazione cui oggi è stata consegnata la guida del Paese.
Va da se che ognuno si forma come vuole e che questo rivendichi. Noi ad, esempio, per ciò che riguarda l’attaccamento alle radici siamo per altre letture. Come quelle del Manzoni che ci ha dato una sua visione cristiana e solidale anche per ciò che riguarda il rapporto tra l’uomo e la forza del potere.
Il personaggio pubblico, a maggior ragione se gli, o le, vengono affidate responsabilità di governo si espone naturalmente ad un ragionamento sui suoi punti di riferimento. Perché perché quello diventa un messaggio politico.
Alcuni esperti della cultura di destra ci hanno spiegato le ragioni della vera e propria “appropriazione” che di Tolkien ha fatto la destra neofascista mondiale ed italiana. Rappresenterebbe il tentativo di liberarsi dalla cappa piovutole addosso dopo la Seconda guerra mondiale e la manifesta conoscenza dei crimini commessi dai nazifascisti. Una sorta di riverniciatura che aveva, comunque, il merito di chiudere una pagina drammatica e riaprirne un’altra. Solo che la scelta di Tolkien ha significato aprire la pagina politica, che come in letteratura, risponde al nome di “fantasy”. Al punto che c’è chi parla dei racconti fantastici, mai mancati nel percorso culturale umano, di prima e di dopo Tolkien.
Lo scrittore britannico, cattolico e conservatore anarcoide, che non ha mai nutrito simpatie per l’estrema destra, si è trovato suo malgrado ad abbeverare un ambito della destra messosi alla ricerca di una nuova identità. Ma è questo sufficiente soprattutto se s’intende avviare per l’Italia una vera e propria rivoluzione culturale?