Giorgia Meloni ha sostenuto a Milano che il centrodestra manca di un leader( CLICCA QUI ). La consacrazione del fatto che considera finita, ma questo è da un pezzo scontato, la leadership di Silvio Berlusconi e che non riconosce più il diritto di prelazione a Matteo Salvini il quale, fino a qualche tempo fa, lo poteva accampare in piena sicurezza.
La guida di Fratelli d’Italia ha indorato la pillola sostenendo che “non c’è un capo della schieramento e non potrebbe esserci ora che i partiti del centrodestra hanno posizioni diverse tra loro: c’è chi sta al governo e chi sta all’opposizione. È difficile avere un leader che decida per tutti”. In un paese serio, si sarebbe ascoltato qualcosa di diverso del tipo: non esiste più la coalizione. Punto e basta, e ne sarebbero venute le adeguate conseguenze. Macché. Anche chi si presenta dicendo di puntare tutto sull’idea di voler offrire una politica diversa finisce per scegliere i modesti accomodamenti opportunistici.
Facile pensare a personaggi alla Mitterand, anche se era pieno di scheletri nell’armadio risalenti alla sua giovinezza antisemita e fascistissima, che ebbe il merito però alla fine degli anni ’60 di creare quel piccolo partito socialista per il quale egli pronosticò sin da subito l’arrivo alla Presidenza della Repubblica francese, come puntualmente accadde nel 1981. Ma Mitterand giunse all’Eliseo sulla base di una linea chiara e non esitò mai a muoversi da solo se i compagni di strada si rivelavano, a suo avviso, non adeguati. Senza tentennamenti, offrì un’alternativa al gollismo e andò avanti su quella strada fino alla fine.
Bisognerebbe anche ricordarsi della signora Thatcher o di Helmut Kohl, ma si rischierebbe solo di fare paragoni tra mele e pere, tanto abissale è divenuta la pochezza di quelli che in Italia chiamiamo leader di partito. Il guaio è che più sono carenti i nostri leader e più facciamo partiti “del capo”.
Se parli male della destra, ti rimproverano di non farlo anche della sinistra, e viceversa, e questo già la dice lunga delle condizioni di povertà oggettiva in cui è stata ridotta la cultura politica del Paese, animata da un fondo di faziosità che fa aggio su ogni serena valutazione. Così, tanto per non scontentare nessuno, non possiamo certo dimenticare che domenica prossima Enrico Letta attenderà il voto suppletivo nel collegio di Siena per vedere se è stata giusta l’idea di mettere da parte il simbolo del Pd e presentarsi a chiedere i voti in quanto Enrico Letta.
Ora, se da quello che resta il Segretario del Pd fosse venuta un’idea di un’altra Italia, se fosse noto un suo progetto organico per affrontare i nostri gravi problemi, lavoro, innovazione, Mezzogiorno, famiglia e scuola, limitiamoci solo a questi, il paragone con Mitterand potrebbe avere un senso, visto le relazioni di Letta oltraalpe, oppure con Mrs Thatcher. Purtroppo, però, per ora sentiamo davvero pochino…