Da qualche tempo si sta parlando e scrivendo molto sui temi della maternità surrogata, della possibilità di riconoscimento dei figli generati da procedure di procreazione non convenzionali, delle adozioni a coppie omosessuali, della procreazione medicalmente assistita e altro.
Ciò che segue è il racconto della nostra esperienza, con il pensiero di contribuire alla tematica della genitorialità “non a tutti i costi”, ma la disponibilità a essere genitori, quali mamma e papà adottivi. Forse molti non conoscono la realtà, o il percorso per diventare genitori adottivi e, quindi suscitare un interesse o una riflessione a quelle mamme e a quei papà, che vorrebbero essere genitori.
Nel 2012 dopo due anni di matrimonio abbiamo deciso di diventare genitori adottivi: ovvero essere disponibili a diventare mamma e papà di un bambino o di una bambina desiderosi di avere una famiglia, che vogliano farlo/a crescere e accompagnarlo/a nella vita.
Una scelta e decisione già preventivata durante il fidanzamento, consolidata durante la preparazione al matrimonio e confermata attraverso il tempo.
Per scelta abbiamo deciso di non sottoporci a procedure di procreazione medicalmente assistita o altro, in quanto per testimonianze e per vissuto in prima persona nel mondo lavorativo sanitario, abbiamo constatato comunque che questi procedimenti provano mente e corpo, soprattutto se plurimi tentativi non hanno esito positivo. Le analisi cliniche hanno constatato l’incapacità procreativa e non siamo andati oltre.
E da lì è cominciato un impegnativo, sereno, interessante percorso di preparazione. Il contatto con i servizi socio sanitari territoriali in cui è attivo il Servizio Adozioni, composto da psicologi e assistenti sociali specializzati che, anche attraverso un percorso formativo centralizzato a livello di sede centrale delle aziende sanitarie territoriali, permettono di verificare, provare, coinvolgere la disponibilità genitoriale adottiva. Per noi si è aperta una finestra su un mondo particolare di esperienze, di situazioni di disagio sociale minorile importanti e soprattutto uno sforzo encomiabile da parte dei servizi alla persona per tutelare e supportare i minori e le loro famiglie d’origine. Al centro ci sono sempre i bambini, quella parte di società che deve essere il nostro domani, offrendo loro serenità. Quando i tentativi dei servizi minorili, non pertanto a una risoluzione delle criticità della famiglia d’origine, si avvia il percorso adottivo.
Terminato il percorso di preparazione con alcune verifiche socio economiche, di integrità morale, giuridica, e di alcuni accertamenti di salute, si è redatta la relazione che il Tribunale dei Minori competente per territorio esaminerà, per formulare l’idoneità genitoriale all’adozione nazionale e internazionale. Abbiamo riscontrato uno snellimento nelle procedure, uno svecchiamento della sede del Tribunale dei Minori e un approccio molto sereno sia del personale di Cancelleria che dei Giudici Minorili.
Cosa si chiede ai futuri genitori adottivi? Una disponibilità anagrafica (comunque bilanciata in base all’età dei genitori), e una disponibilità di bisogni speciali del bambino/a. Il mondo dei bambini in stato di abbandono purtroppo comporta anche la presenza di problematiche sanitarie fisiche e psichiche anche di rilievo. L’atteggiamento dei servizi territoriali e dei Giudici Minorili si è mostrato renderci liberi di decidere e di riflettere sulle proprie capacità e possibilità. Abbiamo accettato la disponibilità per alcune problematiche sanitarie fisiche o psicologiche gestibili e curabili, ma fino a un certo grado di complessità, in quanto essendo professionisti sanitari, pertanto già a contatto ogni giorno con persone aventi necessità sanitarie, avremmo compromesso il nostro atteggiamento di vita familiare e di conseguenza di non riuscire a garantire al figlio/a in arrivo la giusta serenità.
Da quel momento il cammino si è aperto su molteplici possibilità: l’adozione nazionale presso i vari Tribunali dei Minori italiani, all’epoca, una pecca nazionale non era ancora attuata la messa in rete delle varie sedi, in modo che, automaticamente una coppia idonea poteva essere contattata per un possibile abbinamento, in qualsiasi parte d’Italia senza dover presentare ogni volta il decreto di idoneità rilasciato dal Tribunale dei Minori competente per territorio. L’altra possibilità è dare il mandato presso uno degli Enti Accreditati alla Commissione per le Adozioni Internazionali della Vicepresidenza del Consiglio dei Ministri. Abbiamo scelto entrambe le opzioni e nel frattempo è iniziata la consultazione di alcuni Enti Accreditati per l’adozione internazionale.
Come avviene l’abbinamento tra genitori adottivi e il bambino/a? Priorità ai bisogni del minore e caratteristiche per soddisfarli da parte dei genitori adottivi.
Gli Enti Accreditati sono delle realtà in parte laiche e in parte di estrazione religiosa, che operano in diverse parti del mondo anche con progetti di cooperazione internazionale. Questi enti sono sottoposti a una sorveglianza particolare al fine di rimanere sempre corretti, trasparenti e a fianco dei futuri genitori adottivi. In ogni Paese in cui operano vi è sempre un referente locale che assiste la famiglia durante la permanenza nel paese d’origine del bambino/a. Permanenza che può durare da alcune settimane ad alcuni mesi, dipende dai regolamenti nazionali e approvati dalla Conferenza dell’Aja nel 1998. Come altresì varia la necessità di documentazione da inviare in base alle regole di ogni Paese. L’Ente Accreditato a cui ci siamo affidati opera in America Latina e a quel tempo quella zona era accessibile per le adozioni internazionali, rispetto ad altri Paesi in quel momento in crisi di governo o in difficoltà di relazioni internazionali.
Come vengono preparati i bambini a questo evento importante, sconvolgente, meraviglioso, incognito, sbalorditivo? Ogni Paese ha proprie modalità: in America Latina dobbiamo dire che è prioritario, nelle case di accoglienza o istituti, il significato di famiglia, di mamma, di papà. L’invio di fotografie e della storia dei genitori adottivi, degli ambienti in cui i bambini vivranno, il ruolo delle psicologhe locali che leggendo la documentazione inviata, aiutano i bambini a conoscere i futuri genitori.
Il lavoro degli Enti Accreditati è effettivamente completo: raccolta documentazione, traduzione, asseverazione, spedizione, contatti con il referente locale, assistenza nel reperimento di alloggi per soggiornare nel paese d’origine del bambino/a, spostamenti per incombenze burocratiche.
E’ molta, è poca la burocrazia? Noi diciamo che è stata giusta nella misura che serve a garantire serietà, trasparenza delle informazioni, trasparenza nei costi, e soprattutto una burocrazia garante sia per il minore sia per i genitori adottivi.
E un giorno del 2015 arrivò la comunicazione di un abbinamento in un paese dell’America Latina! Prima di accettare l’abbinamento, abbiamo letto una relazione dettagliata della storia della bimba che ci ha permesso di iniziare a conoscerla. Sorgono alcuni dubbi, ma con l’aiuto dell’Ente Accreditato e di una conoscente madrelingua, vengono dipanati (la relazione era nella lingua d’origine della bimba). Effettuate le richieste di aspettativa dal lavoro, siamo partiti.
Arrivati a destinazione, qualche giorno per definire i vari appuntamenti procedurali, è arrivato il momento di conoscere nostra figlia. Un incontro emozionante, timoroso ma tutto sommato accogliente nella casa istituto, dove ci viene presentata nostra figlia che dalla nascita era lì ospitata. Pur essendo ancora piccola, con nessun ricordo dei genitori biologici o di familiari, manifestava i segnali di voler vivere in una famiglia, quasi significando una stanchezza della vita d’istituto e una irrequietezza dettata da istinti di sopravvivenza. La bimba aveva riconosciuto che eravamo lì per lei, tanto da allontanare ogni altro bambino che voleva avvicinarsi, questo solo dopo poche ore di conoscenza. Dopo alcuni giorni di trasferte presso la casa di accoglienza, nostra figlia ci viene affidata in via provvisoria a vivere con noi nell’alloggio locale. Emozionante il saluto da parte sua ai rimanenti bambini in istituto: un cenno e un ultimo sguardo per poi uscire senza voltarsi indietro, le sue mani nelle nostre. Abbiamo iniziato a conoscerci, a cercare di capirci, a individuare i primi bisogni, per un totale di quarantacinque notti insonni…comprese le prime malattie esantematiche, ma ne è valsa la pena. Tra giornate burocratiche, si sono alternate giornate di vita familiare, prime incomprensioni e ostinazioni di carattere e momenti di serenità. Non semplice, perché si è dall’altra parte del mondo senza l’appoggio dei familiari o degli ambienti usuali a cui siamo abituati. E’ tutto un mondo nuovo, per certi aspetti diverso, ma da scoprire. Nel frattempo ci si prende del tempo per scrivere un diario di viaggio, l’inizio di una storia che verrà lasciata alla lettura di nostra figlia quando inizierà a leggere e comprendere meglio le sue origini, con la promessa di un ritorno nel paese d’origine per rivedere i luoghi in cui ha vissuto e i luoghi della storia del suo Paese. Sì, perché la direttrice della casa di accoglienza nel salutarci, ci ha affidato anche l’orgoglio dei loro bambini in qualsiasi parte del mondo andranno a vivere. E così ogni tanto a casa ci raccontiamo la storia dell’adozione partendo dall’immagine di mamma e papà che iniziano a prepararsi con documenti, appunti, desideri, immaginazioni.
Tornati a casa, per il primo anno permane il periodico incontro trimestrale con i servizi territoriali mentre con l’Ente Accreditato ogni sei mesi per tre anni dall’ingresso della bimba in famiglia, per valutare il proseguo del cammino adottivo e per redigere una relazione che il Paese d’origine vuole ricevere accertandosi del buon ingresso in famiglia della bimba.
Ritornando al tema dei costi sostenuti, l’Italia permette l’inserimento delle spese nella dichiarazione dei redditi, e periodicamente la Commissione Adozioni Internazionali provvede al rimborso parziale delle spese sostenute e documentate. Tanto o poco che sia il rimborso, comunque è un aiuto. Si potrebbe fare di più? Sicuramente sia dal punto di vista burocratico e del rimborso totale delle spese. Per il resto tutto prosegue come per una maternità e paternità biologica in termini di agevolazioni.
Mamma di pancia, mamma di cuore si dice: una cosa è certa e che constatiamo tutti i giorni è la serenità di nostra figlia, che sa di avere dei riferimenti genitoriali concreti e reali. Pertanto ai genitori quali mamma e papà che per diversi motivi non riescono ad avere figli biologici, il messaggio è quello di provare a iniziare un cammino di preparazione all’adozione.
Francesca e Marco Torriani