L’Italia, checché si senta dire da quelli che hanno trasformato la politica in un surreale “Bar sport”, ha bisogno di restare nel cuore decisionale dell’Europa.
Piaccia o non piaccia, il risultato elettorale del mese scorso indica la linea da seguire. Giorgia Meloni è chiamata a prendere atto della situazione in cui quel risultato l’ha messa ed uscire da quell’angolo in cui è finita volendo fare la capo dei Conservatori e riformisti europei e, al tempo stesso, far valere le ragioni del nostro Paese. Lei è stata sì mandata a Palazzo Chigi da una minoranza degli italiani. Ma da quel momento in poi, lei deve difendere tradizione ed interessi di tutti loro.
Il voto europeo ha spazzato via quasi tutto del suo ideologismo. E bene ha fatto a distanziarsi da chi dice di volere “meno Europa”. Adesso è chiamata ad un ulteriore passo da nostra Presidente del consiglio e non da capo polo di una minoranza. Certo, la cosa avrebbe più di un prezzo da pagare. A partire da quello dell’assunzione della responsabilità di entrare a far parte della “maggioranza” di Strasburgo e Bruxelles indicata dalle urne. Una “maggioranza” del tutto opposta a quella da lei organizzata in Italia.
Ma noi di questo abbiamo bisogno. Perché non sarebbe facile, ed accettato in una realtà tanto complessa, quale quella del sistema decisionale e gestionale europeo, continuare a pensare di prendere ciò che conviene ed allontanare il calice amaro pieno di ciò che non piace o non si condivide. Perché non è vero, come hanno continuato a sostenere alcuni di Fratelli d’Italia, che in Europa si decide volta per volta.
Giancarlo Infante