E’ in corso la sottoscrizione di due referendum, uno più noto, l’altro meno, ma non per questo meno rilevante dal punto di vista politico e istituzionale.

Il primo, promosso dalla CGIL e da una pluralità di altre sigle della sinistra; il secondo, dal “Comitato Referendario per la Rappresentanza” che raccoglie l’ eredità del senatore socialista Felice Besostri, il “difensore degli elettori”, recentemente scomparso e protagonista della lotta contro il Porcellum, archetipo delle leggi elettorali – e così il Rosatellum – che, da troppo tempo, consegnano alle segreterie dei partiti la facoltà, di fatto, di “nominare” i parlamentari, anziché consentire che liberamente siano i cittadini ad eleggerli.

Il primo refendum è diretto ad abrogare la legge Calderoli che ha introdotto nel nostro ordinamento l’ “autonomia differenziata”.
Il secondo, finalizzato, con quattro specifici quesiti, a correggere almeno le più gravi storture della legge elettorale oggi vigente. Nel contempo, il PD sta raccogliendo le firme per una proposta di legge di iniziativa popolare – altro strumento di democrazia diretta, previsto dalla Costituzione – in ordine all’ introduzione del “salario minimo”

Una prima osservazione, o forse meglio una speranza, che ci auguriamo abbia qualche fondamento. È possibile che in un sistema politico chiuso nella propria autoreferenzialita’, ad un certo, punto si attivino, per una sorta di necessità intrinseca, degli anticorpi che proteggono la legittimità dell’ ordinamento democratico ? Se fosse così – e non una occasionale coincidenza – si potrebbe dire che che la radice della democrazia nel nostro Paese, in definitiva, è più profonda e vitale di quanto comunemente non si ritenga e, dunque, capace di una forza generativa in grado di evocarla ogni qual volta gli eventi sembrerebbero orientati ad appannarne il profilo.

Ma per tornare ai primi due referendum di cui sopra, va detto che hanno, pur da punti di approccio differenti, un comune riferimento alla “questione democratica” che rappresenta il versante più rilevante ed impegnativo, il vero nodo della vicenda politica che vive oggi l’Italia, governata da due partiti della destra estrema.

In un certo qual modo, dovrebbero essere considerati complementari. Nel senso che il primo – contro l’autonomia differenziata – se pur, come ci auguriamo, avesse un pieno successo e consentisse davvero di abrogare la legge Calderoli, ci consentirebbe di tornare “quo ante” e nulla cambiarebbe in ordine a quella struttura maggioritaria bipolare del nostro sistema politico, talmente cieca e polarizzata da riuscire a partorire leggi disastrose come quella in oggetto.

Il secondo, l’ Anti-Rosatellum, ha il merito – per quanto consenta un referendum che si limita a “cancellare” determinate disposizioni legislative, piuttosto che poterle integrare – di mettere in discussione, evocando espressamente una nuova legge elettorale che restituisca ai cittadini la sovranità popolare che ad essi attribuisce la Costituzione, l’impianto complessivo di un sistema politico che continua a dilatare la distanza che corre tra gli italiani e le istituzioni democratiche.

Sarebbe utile ed importante, soprattutto politicamente appropriato che le due iniziative convergessero e si sostenessero a vicenda. A meno che….a meno che il referendum promosso dalla CGIL – e sarebbe un errore politico esiziale – non si inscriva comunque nella logica del sistema maggioritario bipolare. Immaginando di rappresentare la traccia su cui costruire si l’alternativa alla destra, ma sul piano, ancora una volta, di una polarizzazione che cerchi di risolvere la questione in termini di mera contesa di potere, senza quella trasformazione che permetta agli italiani di tornare a coltivare una sincera passione civile ed una vera partecipazione al discorso pubblico.

Se poi – ma non c’ è motivo di crederlo – ci fosse chi pensasse che il referendum contro la legge Calderoli potesse favorire anche la caccia al cosiddetto “federatore”….si metterebbe l’aratro davanti ai buoi e decisamente non sarebbe una buona cosa.

Domenico Galbiati

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