Non è stato un bel risultato per Giorgia Meloni e per la sua maggioranza. L’Emilia Romagna continua a negarsi e in modo massiccio consolida la spinta della Schlein,  sicuramente chiamata al test più importante per la guida del Pd, del centrosinistra e della formula di allargamento, che ha il limite, però, di rimanere sempre all’interno di uno stanco bipolarismo in grado di produrre  solo divisione preconcetta e un sistema vissuto a colpi di slogan elettorali e con una visione di corto respiro.

Che in Emilia Romagna le cose non sarebbero andate bene lo aveva largamente fatto capire l’assenza di Giorgia Meloni alla manifestazione elettorale finale unitaria destra. Non ha osato metterci la faccia. Ma questa sembra essere una sua costante in occasione degli appuntamenti e gli interventi che contano.

In Umbria non c’è stato il bis di cinque anni fa. Quando il Pd finì per perdere la Regione perché non volle aprirsi al civismo che, già allora, trovava in Stefania Proietti un simbolo nuovo ed originale (CLICCA QUI).

La conferma dell’astensionismo, che in Emilia Romagna costituisce certamente una delusione per Elly Schlein e il centrosinistra intero, e il voto in generale ci dicono comunque che questo resta un Paese ancora sostanzialmente in attesa ed alla ricerca di una via di uscita solida e pienamente credibile.

Giancarlo Infante

 

 

 

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